Dino Risi
Cartoline dall'Italia che cambia
Parecchi anni prima di immortalare sul grande schermo i lungotevere romani
su cui amoreggiavano i Poveri ma belli (1956) o il lungomare sorrentino
percorso in pompa magna dal maresciallo Carotenuto di Pane amore e...
(1955), Dino Risi iniziò la sua carriera di regista girando due cortometraggi
sugli anziani di un ospizio e sui barboni di Milano, la città dove è nato il 23
dicembre 1916.
Laureato in medicina, invece di diventare
un illustre psichiatra, nei primi anni '40 preferisce avvicinarsi al mondo del
cinema facendo l'assistente di Mario Soldati (Piccolo mondo antico,
1940) e poi di Alberto Lattuada (Giacomo l'idealista, 1942). Durante la
guerra si rifugia in Svizzera dove segue i corsi di cinema di Feyder. Padre di
Claudio e Marco, anche loro futuri registi, dopo aver girato 23 documentari,
nel 1952 dirige il suo primo lungometraggio a soggetto, Vacanze col gangster,
storia di un malvivente che evade al posto di un innocente destinato a restare
in prigione.
Con Il segno di Venere del
1955 realizza una delle prime commedie di costume, meglio conosciute come
commedie all'italiana, di cui diventerà uno dei registi più prolifici,
apprezzati e popolari. Un genere che s'imporrà con successo anche all'estero,
grazie soprattutto all'apporto di insigni sceneggiatori e dell'esuberante
esercito di grandi attori, che, sulle note dei juke-boxs e alla guida di
spyders o di seicento, partecipano al grande sogno del boom economico italiano.
Nel 1961 riesce a far apparire
serio, quasi un eroe positivo, Alberto Sordi in Una vita difficile e
l'anno dopo sfida le leggi dell'happy end e l'altezzosa antipatia di Vittorio
Gassman, che per far ridere ne Il sorpasso (1962) indossa solo la sua
faccia e la maglietta estiva di un uomo qualunque, oppure si cimenta a cantare
la struggente Sassi di Gino Paoli nel film a episodi I mostri (1963). Ma
dopo tante vacanze trascorse sotto L'ombrellone (1965) di un'affollata
riviera adriatica, anche nel suo cinema avanzano altri contenuti e riflessioni,
che rispecchiano i mutamenti sociali della seconda metà degli anni'60. Nel 1966
dirige Totò in Operazione San Gennaro, l'attore che arriva a preferire a
Charles Chaplin, da sempre uno dei suoi miti cinematografici insieme a Renè
Clair, Renoir, Capra o Billy Wilder. Con Gassman, Il mattatore (1960),
gira molti film, anche quel Profumo di donna (1974) che quasi vent'anni
dopo farà guadagnare ad Al Pacino un Oscar come miglior attore per il remake Scent
of a Woman (Martin Brest, 1993).
Prosegue la sua attività per tutti
gli anni '70 e '80, includendo nella ricca galleria dei "suoi" attori
di sempre Renato Pozzetto (Sono fotogenico, 1980), Johnny Dorelli (Sesso
e volentieri, 1982), Beppe Grillo (Scemo di guerra, 1985), o Lino
Banfi e Maurizio Micheli (Il commissario Lo Gatto, 1986).
Contemporaneamente realizza film per la televisione, come l'adattamento in due puntate
de La Ciociara (1989), sempre con Sophia Loren, Vita coi figli
(1990), con Giancarlo Giannini e Missione d'amore (1992), con Carol Alt
e Ethan Wayne (figlio di John). Eppure, in mezzo a tanti sorrisi e a tante
canzonette, nel suo cinema traspare ogni tanto la malinconia. Magari per un
amore magnifico che non ci si rassegna a perdere, un Fantasma d'amore
(1981) che Mastroianni insegue per le strade di una Pavia nebbiosa e che ha il
viso luminoso e dolente di Romy Schneider.
Nel 2002 ha ricevuto il Leone d'oro
alla carriera alla Mostra del cinema di Venezia.
Il 2 giugno del 2004, in occasione delle celebrazioni della Festa della
Repubblica, il regista riceve dal presidente Carlo Azeglio Ciampi
l'onorificenza di Cavaliere di Gran Croce.
E' morto a
Roma il 7 giugno 2008 nel residence dove viveva da tanti anni insieme alla sua
compagna..

Una vita difficile
Regia
Dino Risi
Interpreti
Alberto Sordi, Lea Massari, Franco Fabrizi,
Lina Volonghi, Claudio Gora, Antonio Centa
Sceneggiatura
Rodolfo Sonego
Produttore
Dino De Laurentis
Italia, 1961, b/n, 118 min
Un'esemplare interpretazione di Alberto Sordi,
non più giullare e non solo attor comico.
Una tagliente commedia di Dino Risi (e del suo sodale, lo
sceneggiatore Rodolfo Sonego), che costituisce un caso unico in quella che
allora andava definendosi commedia all'italiana.
Non c'è ancora il cinismo del genere che diverrà il più
importante,
e significativo, del cinema post-bellico.
C'è satira e, insieme, un lucido quadro d'ambiente.
"Il colore del film - sono parole del regista - era dato
dagli avvenimenti storici. Però la linfa, il succo, il piacere di seguire la
vicenda erano dati dal rapporto tra l'uomo e la moglie".
Lea Massari, chiusa e come imbronciata nel bel personaggio di
Elena, tiene testa brillantemente allo sbandato Silvio di Sordi.
Risi talvolta si abbandona al gusto della deformazione
macchiettistica quando tratteggia i personaggi di contorno, ma, allorché si
avvicina al centro della storia e mette a confronto l'illuso giornalista con
l'altezzoso Bracci (un ottimo Claudio Gora), non si fa distrarre e va dritto al
segno. Fino al clamoroso effetto finale rappresentato dalla rivolta dello
schiavo: una pagina memorabile di cinema comico,
in quella variante epica che riesce solo ai grandi, come Keaton..
(Fernaldo Di Giammatteo, Dizionario dei capolavori del cinema, B.
Mondadori, 2004)