UN ALTRO SGUARDO – Per un cinema non indifferente
Giovedì 23 Ottobre 2025
👉 ore 19:00 - incontro con Marco
Antonioli, attivista e volontario in Bosnia
👉 ore 20:00 – cena/pizza insieme
👉 ore 20.30 –
proiezione del film L’appuntamento (2022,
100’)
diretto da Teona Strugar Mitevska
Trent’anni dopo le guerre jugoslave degli anni '90, le ferite
del conflitto sono tutt’altro che rimarginate. A Sarajevo, città simbolo della
complessità etnica e religiosa dei Balcani, la convivenza è ancora segnata da
rancori personali e memorie non pacificate. L'appuntamento (2022) della
regista macedone Teona Strugar Mitevska, già autrice di Dio è donna e si
chiama Petrunya, si ispira alla storia vera della sceneggiatrice Elma
Tataragić, ferita da un cecchino durante l’assedio della città, e trasforma questo
episodio in un confronto potente e universale sui traumi della guerra.
Asja, 45 anni, è una consulente aziendale che partecipa a uno
speed date in un hotel dal nome simbolico: “Il tocco della felicità”. Tra i
partecipanti c’è anche Zoran, bancario ed ex soldato serbo-bosniaco. Non è un
incontro casuale: dietro la loro conversazione si cela un legame tragico e
segreto. Zoran è infatti il cecchino che anni prima aveva colpito Asja. Il
passato riemerge, costringendo entrambi a un confronto inevitabile e lacerante.
Il film affronta con delicatezza e lucidità le conseguenze
psicologiche della guerra: il senso di colpa, la richiesta di perdono, la
memoria individuale e collettiva. La struttura dello speed date diventa un
pretesto narrativo per mettere in scena un’elaborazione del lutto che coinvolge
anche gli altri partecipanti, in un crescendo emotivo che culmina in una
liberazione simbolica.
La regista utilizza l’ironia del contesto – un evento frivolo
come uno speed date – per parlare di dolore, identità e riconciliazione. Lo
spazio chiuso e quasi surreale dell’albergo - le cui sale hanno il nome delle
città della Svizzera, rimasta neutrale durante il conflitto - diventa un
microcosmo in cui il passato irrompe nel presente. La danza, il corpo e il
silenzio diventano linguaggi alternativi alla parola, portando i personaggi
verso una forma possibile di catarsi.
Il film si chiude su una scena emblematica: una festa di
adolescenti, figli di una generazione che non ha vissuto la guerra, ma che ne
eredita i silenzi e le fratture. In mezzo a loro, Asja finalmente danza: il
corpo si libera dove le parole non arrivano, e il movimento diventa speranza. È
un’immagine che racchiude il senso ultimo del film – la possibilità di andare
avanti, nonostante le nuvole scure che ancora incombono su Sarajevo.
(Mariangela)
|